Origine ed evoluzione della glia
GIOVANNI ROSSI
NOTE E NOTIZIE - Anno XVII – 16 maggio 2020.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org
della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia).
Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società,
la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici
selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste
e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: DISCUSSIONE/AGGIORNAMENTO]
Christian Klämbt ha spiegato in modo magistrale
perché è importante studiare l’origine filogenetica della glia e stabilire se
le cellule che hanno accompagnato quelle nervose nei milioni di anni di
evoluzione sono realmente le progenitrici morfo-funzionali di astrociti,
oligodendrociti e microglia del nostro cervello[1]. Seguendo la sua traccia,
proponiamo in estrema sintesi le principali argomentazioni.
Gli organismi più primitivi hanno sviluppato il movimento per rispondere agli
stimoli e, verosimilmente, questo adattamento ha avuto un ruolo importante per
molti phyla nell’evoluzione di reti neuroniche inizialmente semplici e
poi sempre più complesse, per elaborare l’informazione in entrata e attivare le
risposte. Quando il sistema nervoso si è andato trasformando da una semplice
rete di cellule connesse fra loro da sinapsi in un apparato centralizzato con
un cervello e dei gangli, è apparso un nuovo tipo cellulare dai tratti
morfologici che coincidono con i caratteri identitari delle cellule gliali. L’importanza
di queste unità citologiche per la fisiologia del cervello e l’efficienza
adattativa delle sue funzioni è riflessa dal progressivo incremento numerico
nel corso dell’evoluzione. Sebbene la stima quantitativa delle cellule gliali
nel cervello dei mammiferi risulti ancora – nonostante i sofisticati e
potenzialmente precisi metodi più recenti – molto impegnativa e spesso
difficile, vari studi concordano nel fissare in molte specie un numero pari a
quello dei neuroni, ossia una proporzione grosso modo del 50%[2]. Al contrario, in invertebrati
quali Drosophila melanogaster e Caenorhabditis elegans,
non superano il 10% del totale delle cellule del sistema nervoso[3].
Ma cosa si intende per cellula gliale? Sono realmente comparabili le
cellule non-nervose in tutti i phyla? O le linee cellulari non nervose
delle specie filogeneticamente più antiche non sono realmente i progenitori
ancestrali della nostra glia perché non si tratta dello stesso tipo biologico poi
evoluto fino a noi, ma di tipi diversi apparsi indipendentemente nel corso
della filogenesi?
Una risposta certa a questi interrogativi è di fondamentale importanza per
la ricerca, in quanto se è erroneo considerare precursori gliali gli elementi
cellulari associati ai neuroni nei sistemi nervosi più semplici, molti degli
studi sull’evoluzione della glia sarebbero infondati, e più in generale l’analisi
di queste cellule nelle diverse specie animali non potrebbe fornirci elementi
per la comprensione della biologia gliale in generale, ma solo per cercare di
scoprire i vincoli funzionali che fissano elementi essenziali del profilo delle
cellule non-neuroniche presenti nei sistemi nervosi animali.
In passato è accaduto spesso, nello studio degli invertebrati più semplici,
che si definissero gliali le cellule che non presentavano sicuri tratti delle
unità citologiche nervose; poi, sono stati individuati due criteri per una
prima distinzione elementare: 1) per essere considerate gliali le cellule
devono presentare un’associazione morfologica intima con i neuroni o separare
elementi neuronici da strati mesodermici; 2) devono originare dall’ectoderma
dell’embrione, costituendo la macroglia della
specie.
Gli studi classici che hanno stabilito questi due caratteri non
contemplavano ancora la microglia. Le cellule microgliali originano dal
mesoderma ed entrano nel sistema nervoso durante l’embriogenesi per diventare
cellule residenti e immunologicamente competenti, col ruolo di macrofagi
durante le infezioni e i danni del cervello. Nella Drosophila, invece,
non è stato individuato alcun tipo di cellula mesodermica che migri nel sistema
nervoso, e la funzione di macrofago è svolta dalla macroglia.
Studi condotti circa quindici anni fa hanno scoperto che gli astrociti non
esistono solo nel sistema nervoso centrale dei mammiferi, come si credeva fino
al 2005, ma esistono anche negli insetti, in particolare Drosophila melanogaster, dove queste cellule esprimono un set di
geni che controlla l’omeostasi dei neurotrasmettitori.
Vi sono molti esempi che validano l’utilità dei due criteri classici per la
definizione delle cellule gliali e numerose osservazioni hanno consentito di
stabilire similitudini fra quelle degli insetti e quelle dei mammiferi. Un buon
esempio è costituito dalle cellule della mielina periferica degli insetti che,
come quelle dei mammiferi, avvolgono gli assoni e presentano caratteri
morfologici e funzionali simili. Dopo numerose evidenze, si è adottato il
criterio della mielinizzazione quale funzione caratterizzante cellule gliali in
invertebrati e vertebrati; in altri termini, una funzione canonica di oligodendrociti
e cellule di Schwann dei mammiferi è stata rinvenuta anche negli insetti. Il
criterio morfo-funzionale della produzione di mielina è stato così aggiunto
ai primi due, rispettivamente morfologico ed embriologico, per la definizione
dell’appartenenza alla glia di cellule analizzate nei vari phyla.
I copepodi calanoidi[4] sono dei minuscoli crostacei che
fanno parte dello zooplancton e svolgono un ruolo importante nelle reti
alimentari, catturando da alghe e fitoplancton energia che offrono a pesci,
uccelli e mammiferi. In questi artropodi è stata trovata un’origine della mielina
da cellule non gliali e, dunque, si è messa in dubbio la validità del terzo
criterio.
Una questione a lungo dibattuta è stata quella della glia perineurale, ma recentemente la controversia è stata
risolta grazie al riconoscimento in queste cellule dell’espressione di molti marker
considerati tipici della glia.
Dall’insieme dei maggiori studi volti a definire la natura gliale di una
linea cellulare per verificare se esiste una continuità filogenetica dai metazoi
all’uomo o la glia è apparsa più volte in tempi diversi nell’evoluzione,
si è dedotto che i criteri istologici e isto-funzionali, sebbene massimamente
caratterizzanti le principali evidenze, da soli non sono sufficienti.
I criteri molecolari per definire la glia hanno attualmente assunto
un’importanza preponderante e sono generalmente ripartiti in tre categorie: 1) proprietà
adesive; 2) supporto alla trasmissione sinaptica; 3) trascrizione.
Proprietà adesive. Dalle molecole delle giunzioni
settate degli insetti a quelle che definiscono l’adesione glia-glia e
neuroni-glia, le molecole che hanno consentito di riconoscere una continuità di
sviluppo dagli insetti ai mammiferi sono numerose e la loro enumerazione, con
le caratteristiche di marker, esulerebbe dai limiti di questa
trattazione. Ricordiamo solo che il gene delle NCAM in mammiferi e insetti
codifica 3 distinte isoforme che presentano un dominio extracellulare identico,
con cinque domini di immunoglobulina (Ig) e due di fibronectina (FN), ma
differiscono nel modo in cui sono legate alla membrana cellulare. Due isoforme NCAM
presentano un dominio transmembrana, ma differiscono nei loro domini
citoplasmatici, e una isoforma NCAM è associata all’esterno della membrana
mediante un’ancora GPI. In vertebrati e invertebrati, l’isoforma con l’elemento
transmembrana è sempre espressa dai neuroni, mentre l’isoforma legata mediante
GPI è espressa dalla glia. Nel complesso, le cellule gliali
conservano una varietà di specifiche molecole e sistemi di adesione, che mantengono
il loro profilo distinto da quello dei neuroni e crescono in complessità nel
corso dell’evoluzione.
Supporto alla trasmissione sinaptica.
Una funzione chiave delle cellule gliali è il supporto e la modulazione della
funzione sinaptica neuronica: gli astrociti cooperano con i neuroni presinaptici
e post-sinaptici per mantenere la fedeltà funzionale, secondo una descrizione schematica
classica che prende il nome di “sinapsi tripartita”, presente dal moscerino
della frutta all’uomo. Gli astrociti esprimono vari trasportatori, quali quelli
del glutammato, del GABA e della glicina, caratteristici dei mammiferi e
ritrovati nel sistema nervoso centrale di Drosophila. Si è rilevato che è
evoluzionisticamente conservata sia la ricaptazione dei neurotrasmettitori sia
il supporto dei terminali presinaptici con intermedi metabolici che consentono
un’efficiente e rapida nuova sintesi dei mediatori chimici. Numerosi altri
studi hanno fornito le prove genetiche dell’adattamento biologico delle cellule
gliali di insetto, di Hydra e di C. elegans
alla cooperazione con i neuroni per la trasmissione sinaptica.
Trascrizione. Lo studio del rapporto fra la complessa rete di
fattori di trascrizione legati alla gliogenesi nei
mammiferi e l’unico fattore di trascrizione Gcm della
Drosophila è stato molto istruttivo. Sebbene la funzione gliogenica di Gcm non si sia
conservata nell’evoluzione, la sua funzione negli organismi filogeneticamente
più evoluti consiste nell’attivazione di una via epigenetica antica, attraverso
l’acetilazione degli istoni. In tal modo, meccanismi di regolazione comuni
sottostanti lo sviluppo della glia possono interessare il profilo
trascrizionale generale delle cellule gliali e si è compreso che, nel corso
dell’evoluzione, differenti fattori di regolazione della trascrizione hanno imparato
a limitare l’attività dei modulatori epigenetici.
In conclusione, le numerose prove emerse dagli studi molecolari
consentono di dedurre che tutte le cellule che presentano marker gliali
sono originate in un’epoca remota, rivelando che tutte le linee filogeneticamente
recenti possono essere interpretate come varianti di un unico piano di base.
Tali prove consentono di affermare che le cellule della glia sono apparse una
sola volta nel regno animale e, dunque, ogni studio sulle forme più semplici e meno
differenziate di organismi da Cnidaria a Drosophila,
da C. elegans a Danio rerio sono in
grado di fornire elementi conoscitivi sul progetto biologico morfo-funzionale
che ha dato origine alla glia umana.
L’autore della
nota ringrazia
la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla
lettura delle recensioni di studi di
argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare
il motore interno nella pagina “CERCA”).
Giovanni Rossi
BM&L-16 maggio 2020
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Society of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze,
Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come
organizzazione scientifica e culturale non-profit.
[1] Christian Klämbt, Evolution of glial cells (Essay: Why should
we care about the evolutionary origin of glial cells?), pp. 5-11, in Neuroglia
(H. Kettenmann & Bruce R. Ransom, eds), Oxford
University Press, New York 2013.
[2] Herculano-Houzel
S., Brain Behav Evolution 78: 22-36, 2011;
Azevedo et al. J Comp Neurol 513: 532-541, 2009.
[3] Hilchen von C. M.,
et al. Mech Dev. 125: 337-352, 2008
[4] Costituiscono un Ordine del
quale fanno parte 43 Famiglie.